domenica 2 maggio 2010

- microfederalismo

segnalo l'inizio di un nuovo blog - ecco i riferimenti "concettuali"

sabato 1 maggio 2010
microfederalismo
Nella “società della creazione” si pone con una certa forza la necessità ineluttabile di ridisegnare le conseguenze delle decisioni e delle azioni dei soggetti e di questi nelle diverse comunità a cui aderiscono. L’adesione ad una comunità è comunque – e questo è ormai evidente a molti – di carattere e consistenza “transitoria”. Transitoria come le multipersonalità che ognuno può esprimere, praticare, preferire e cambiare. E questo avviene sia virtualmente (gli avatar della rete) che nella pratica delle forme che ci ostiniamo a classificare in modo assoluto del “mondo reale”.
Per risolvere il problema del pluralismo del soggeto e dei soggetti bisogna andare a fondo nel ridisegnare le forme e i contenuti che guidano e regolano le forme espressive del soggetto stesso e delle comunità, per qualsiasi dimensione queste possano avere. L’orientamento generale che suggerisco è quello di dare strutturazione al principio del riconosciemnto delle diversità. Ovvero di procedere a istituzionalizzare il “principio generale” del riconoscimento del diverso, del riconoscimento della ineliminabilità - e quindi della necessità di “accettare”- delle differnze.
Superato il problema difficile della “definizione-accettazione-istituzionalizzazione” di un principio generale dobbiamo poi procedere alla costruzione di alcune necessarie regole “conseguenti”.
Ne evidenzio alcune : - garantire il diritto di proprietà delle decisioni (al momento della loro operatività), – garantire l’attraversamento (pubblico) da una micro-comunità (sia essa l’individuo o un gruppo) ad un’altra, - garantire la giusta relazione tra premi e punizioni in relazione alla comunità in cui il fatto avviene – garantire una base plurale di potenziali “modelli di decisioni” da mettere a disposizione degli individui e delle micro-comunità al fine di rendere evidenti le opzioni che esistono tra decisioni diverse – garantire una posizione “equa” nei processi decisionali ai vari livelli della società (dove per equo si intende : contributi alla definizione della scelta dell’ordine del giorno della discussione ; presenza strumentata nel processo decisionale e nella costruzione delle gerarchie che sempre si vanno a determinare – garantire la preferenza dell’uso della mediazione a quello della forza come modalità di regolazione delle relazioni tra microgruppi.
Dentro a questo panorama di “regole di riferimento” è chiaro che si creeranno preferenze. E le preferenze saranno anche molto diverse tra di loro. Che fare allora per gestire queste diversità? La risposta organizzativa più praticabile e maggiormente efficace non può che essere quella della strutturazione del “microfederalismo”. Cosa si deve intendere per microfederalismo? Detta in forma propositiva : il microfederalismo è la forma con la quale si organizzano le vite e le decsioni dei singoli nel “gruppo di appartenenza”. Il gruppo di appartenenza è di volta in volta virtuale, territoriale e materiale o anche solo una di questi. Nel gruppo microfederale tutte le regole e le forme si contrattano tra i partecipanti. Il gruppo deve solo “confrontarsi” con il resto dell’umanità e della natura per le regole generali “costituzionalmente definite”. Il promotore del gruppo è qualsiasi persona, gruppo o soggetto istituzionale che – rispettando le regole generali – si attiva proponendo qualsiasi piano e forma di aggregazione desiderato. Il “perimetro” del gruppo microfederato non è valicabile da altri, da altri pubblici o da qualsiasi organizzazione diversa fatto salvo per motivo di “garantire l’applicazione delle regole generali istituzionalizzate”.
I soggetti potranno costituire micro-comunità – o comunità (che sono la stessa cosa) di ogni forma , consistenza e regola. I soggetti “interni” alle microcomunità potranno “dentro al perimetro” virtuale, materiale o territoriale operare in base alle sole regole definite all’interno. Quando queste entrassero in una diversa comunità dovranno adeguarsi alle regole li fissate e nello “spazio pubblico” dovranno adeguarsi alle regole che governano lo spazio pubblico. Le comunità “a vocazione” potranno – per esemplificare – essere costituite da immobiliaristi che definiscono il loro piano di marketing che contiene anche le regole (comunità di anziani, comunità di donne, comunità socioagricole… etc.). E queste regole potrebbero rimanere immutabili. Oppure le comunità potrebbero essere organizzate con diversi “riferimenti”: essere gestite in forme democratiche; aristocratiche, gerarchiche e via a definire. Con questo sistema di microfederazione diffusa ogni singolo individuo si “arricchirà” della consapevolezza che le scelte a cui “aderisce” e a cui intende contribuire a realizzare hanno delle conseguenze. E queste conseguenze saranno più vicine a lui e ai suoi comportamenti.